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Chiamiamolo col suo nome:

il rischio di invecchiare non esiste, è una certezza


Il rischio vero è sopravvivere al proprio patrimonio se non lo abbiamo programmato con metodo, orizzonte e buon senso.

Che cos’è il rischio di longevità (e perché ci riguarda)

È la possibilità che la vita finanziaria, cioè le proprie necessità di sussistenza, duri più del proprio capitale. Non c’entra la fortuna: c’entrano anni di pensione sempre più lunghi, inflazione che lavora in silenzio e mercati che oscillano.

La soluzione non è temere il “lungo periodo”, ma progettarlo

I numeri: viviamo più a lungo, punto. Dopo il picco pandemico, la speranza di vita alla nascita è tornata a salire: nel 2024 è stimata in 81,4 anni per gli uomini e 85,5 per le donne, circa 5 mesi in più rispetto al 2023 e sopra i livelli 2019.

Nel 2023 eravamo a 81,0 uomini e 85,1 donne (recupero quasi pieno del pre-Covid).

Per riferimento, nel 2019 si sfioravano 81 anni per gli uomini e 85,3 per le donne. E non finisce qui: a 65 anni l’aspettativa media residua è intorno ai 20 anni (qualche anno in meno per gli uomini, qualche anno in più per le donne). Quanti over 65 avremo entro il 2030? Le ultime previsioni Istat indicano una popolazione totale di ~58,5 milioni nel 2030 (scenario mediano).

Oggi i 65+ sono circa il 24,3% della popolazione e lo scenario 2050 li porta al 34,6%: la traiettoria è chiara.

Stima prudente per il 2030: tra 15,5 e 16 milioni di over 65 (pari a ~26–27% della popolazione), ottenuta proiettando l’attuale quota lungo il sentiero Istat e applicandola ai 58,5 milioni previsti. È una stima, ma coerente con le previsioni divulgate anche dalla stampa nazionale (≈16 milioni al 2030).

Traduzione pratica:

avremo più pensionati e meno contribuenti attivi.

Se non si programma, il rischio è reale: consumare troppo in fretta il patrimonio.

“Lungo periodo”: parola che spaventa o alleata?

Temere il “lungo periodo” oggi significa ignorare la realtà demografica. Se il tempo di vita si allunga, anche l’orizzonte d’investimento deve allungarsi. Non per speculare, ma per proteggere il potere d’acquisto e finanziare decenni di spese.

Il mio metodo (semplice, ma rigoroso):

  1. Programmazione prima dei prodotti. Obiettivi chiari (vita, pensione, eredità), tempi e priorità; poi si scelgono gli strumenti.
  2. Tre pilastri: tempo, volatilità, rendimento atteso. I mercati salgono e scendono, ma è il tempo a far lavorare l’interesse composto.
  3. Fase di accumulo disciplinata. Piani di accumulo (PAC) per entrare a prezzi medi e trasformare la volatilità in alleata.
  4. Fase di decumulo sostenibile. Tassi di prelievo realistici, preventivare e creare liquidità per 2-3 anni di spese, e portafoglio bilanciato per i successivi.
  5. Diversificazione vera. Azionario ed obbligazionario di qualità, geografie, settori; evitare concentrazioni “di moda”.
  6. Revisione periodica. La vita cambia: anche il piano deve poterlo fare, senza stravolgere la rotta.


Perché serve adesso:

  1. Dati alla mano la longevità aumenta e la struttura demografica invecchia: ignorarlo non rende il futuro più corto.
  2. L’inflazione erode le giacenze di conto, la volatilità è il prezzo da pagare per far crescere il capitale. Il vero rischio è restare fermi e arrivare al traguardo con meno mezzi di quanto serva.
  3. Il lungo periodo ci tutela: diluisce gli shock, massimizza le probabilità di successo, e allinea il portafoglio alla durata della vita.


In una riga:

Invecchiare è certo. Il rischio è sopravvivere al patrimonio: si gestisce programmando oggi un piano di lungo periodo coerente con i propri anni futuri (stimati), non con i titoli "giusti" o "aspettando il momento migliore per investire".

Partiamo da qui: obiettivi → orizzonte → flussi. Poi scegliamo “gli attrezzi” giusti e li facciamo lavorare con metodo.


Fonti: ISTAT; Università Cattolica




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